venerdì 11 gennaio 2013





Qualche sera fa ero nel letto ma non riuscivo a dormire. Non mi succede mai. Di solito quando appoggio la testa sul cuscino, leggo due pagine e svengo col libro in faccia e la luce accesa. L'altra sera invece niente, continuavo a leggere una pagina dopo l'altra sperando che ad un certo punto sarei passata dalle parole all'oblio, ma arrivata a "una certa"... ho capito che era meglio prendere atto della temporanea dipartita di Morfeo e affrontare l'insonnia in maniera costruttiva.
E così mi sono alzata e sono andata in cucina a farmi un tè. Poteva essere l'una, e su Rai Movie stava per cominciare "Bronson" (film in precedenza caldamente raccomandato dai miei cuoricini londinesi Luna e Angelo!) e quindi... che fai, non lo guardi?
Per fortuna che l'insonnia ha avuto un tempismo perfetto con me.
 

Che bello. Il regista è lo stesso di "Drive", Nicolas Winding Refn, quindi già solo per quello poteva valerne la pena, e invece non basta, perchè la parte di Bronson è stata affidata a Tom Hardy ( Black Hawk Down, The Pusher, Rocknrolla, Inception, The Dark Knight. Elegante, rude, sfrontato, capacissimo attore in più tatuato al punto giusto...  Devo continuare?)

Bronson è lo pseudonimo di Michael Gordon Peterson, il detenuto più famoso d'Inghilterra, personaggio reale, tutt'ora in vita e recluso. Un prigioniero discusso, tanto che in Inghilterra il film è stato fortemente criticato dalla gente, proprio perchè alla fine della pellicola ti ritrovi ad amare un personaggio che è costato molto caro, nel vero senso della parola, alle casse del paese. Non sta a me dire se Michael è un personaggio positivo o negativo. Quello che mi ha colpito è la sua vitalità, la volontà di non arrendersi, di non piegarsi, di non fare ciò che gli altri si aspettavano da lui. La volontà di evadere e di riuscire a farlo anche per mezzo della ribellione e dell'arte.
Quante volte vi è capitato di fare qualcosa non perchè lo volevate veramente, ma perchè era esattamente  ciò che tutti si aspettavano ? Andiamo, non mentite, ognuno di noi lo ha fatto almeno una volta e non c'è da vergognarsene, perchè questo non ci rende meno forti, solo che ci fa scendere a compromesso e i compromessi, per quanto essenziali alla sopravvivenza del genere umano, nascondono nel loro interno il germe di una compravendita,  do ut des,  e in questa piccola transazione bilaterale lasciamo sempre qualcosa di noi stessi, ma visto che non stiamo parlando di soldi bensì della materia di cui sono fatti i nostri circuti cerebrali, beh forse sarebbe meglio pensarci un attimo. A volte è davvero difficile deludere le aspettative altrui, non per puro altruismo o senso del dovere, ma perchè spesso gli altri, a livello inconscio, si trasformano nello specchio delle nostre azioni, lo specchio sociale, l'immagine di noi stessi visti dall'esterno, noi, per un attimo, nel momento della percezione, momento che ci rende reali, concreti . In quei momenti ti sembra giusto, quasi sacrosanto, andare in una certa direzione.
Io penso che ci voglia coraggio per essere se stessi, per inseguire in maniera sana e positiva la propria unicità. E anche per vivere i propri sogni.
Una mia cara amica, per esempio, sta per lasciare un posto di lavoro molto sicuro e ben pagato per trasferirsi in Grecia. Perchè? Perchè lei vuole il sole, perchè suo papà è greco e forse la terra sta richiamando a sé il suo sangue, forse perchè il suo primo grande amore le ha detto "vieni a vivere qui" e prima che lei lo facesse se n'è andato in un incidente in moto, o forse perchè semplicemente vuole vivere in costume ed infradito per buona parte dell'anno...
Non importa molto il perchè, ma lei sente da sempre di doverlo fare e ora sta concretizzando questo progetto. Non è un'ereditiera e tanto meno una studentessa in Erasmus. Lei si sta giocando davvero tutto.

Facile banalizzare "Eh, certo, chi non lo vorrebbe, sole, mare, il famoso mollo tutto e apro un chiosco sulla spiaggia... certo che se tutti andassimo a vivere al mare..."
Intanto lei lo sta facendo e ci vuole tanto coraggio a lasciare la sicurezza della terra ferma per salpare l'ancora e affrontare un mare sconosciuto. Poi magari la vita ci mette del suo e ti va pure male, lo so, lo sa anche lei, ma lei continua a ripetermi "davvero potresti vivere senza averci provato"? Moltissimi potrebbero farcela. Altri no.
Ed ecco il punto: Bronson rappresenta quelli che non riescono a vivere senza averci provato. Provare a fuggire, a ribellarsi, a reagire.


Questo film mi ha fatto pensare a tantissime cose, e dentro a questo film ci sono troppe immagini che mi sono piaciute : la camminata di Hardy che simula quella di un lottatore, distrutto ma non sconfitto, affranto ma non abbattuto; c'è il rapporto con i folli, (cliccate qui e guardate il video strepitoso) il rapporto con la pazzia, che da sempre mi interessa moltissimo e non perchè fa figo essere pazzi o un po' svalvolati, ma perchè nella follia si nasconde un rapporto piu diretto con l'io,  un contatto con se stessi alternativo, proveniente dalle proprie paure e proprio per questo, libero da esse. C'è il confine tra pazzia e sanità, tra allucinazione e realtà, linea che ho sempre immaginato molto più sottile di quanto la maggioranza creda.

Ma sopratutto in questo film c'è ciò che più mi interessa e cioè l'uomo, l'uomo come soggetto sotto pressione e costantemente provato dalle forze del destino per dimostrare a se stesso di cosa è fatto e da che parte vuole stare.
Dobbiamo tutti schierarci prima o poi, non è possibile evitarlo. Schivare i colpi, evitare la sfida, significherebbe essere dei non morti, intrappolati in uno stato di qualunquismo vegetativo.
Se penso al fatto che molti si sono arresi mi viene voglia, come al solito, di precipitarmi a fare la valigia per partire, per mettere distanza tra me e la mia fame esistenziale


 ... per correre tra le braccia dell'ignoto, lo stimolante, pauroso, magnifico ignoto.



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