martedì 28 agosto 2012


Ho finalmente comprato i biglietti per Scozia e Irlanda.
 
 
 

Era un sogno per me mettere i piedi sulle terre dei Celti, dove religione e magia si mescolano, dove fate e gnomi hanno diritto di cittadinanza.
So che non devo nutrire aspettative, che la realtà è sempre un po’ diversa da come ce la immaginiamo.

 


Ma questo non è ciò che ci insegnano da bambini.

 
Le fiabe, i sogni, il mito: non è da questo brodo che ci nutriamo a grandi sorsi (per imposizione degli adulti!) quando cominciamo a muovere i primi passi? Come se nutrire la fantasia e l’immaginazione fosse importante tanto quanto soddisfare la fame fisica?

 





 Anche chi si è scontrato con la più cruda e abietta realtà sa bene che la vita la costruiamo giorno per giorno prima di tutto dentro alla nostra mente. Ed è per questo che non dobbiamo smettere di nutrirla, di stimolarla, per non perdere la capacità di entusiasmarci freneticamente e contro ogni buon senso, anche solo per una sciocchezza, proprio come quando eravamo bambini.

Per non perdere lo spirito critico e ribelle di quando eravamo lontani dalle logiche del tornaconto, e avevamo più di un pensiero felice per volare fuori dalla finestra  insieme a Wendy.









 

 
 

martedì 21 agosto 2012


È uscito il secondo volume di Living Together.

Non vedevo l’ora. Solo chi è appassionato di manga può capire che meccanismo scatta nella testa quando leggi, ma soprattutto quando aspetti l’uscita del nuovo numero. È come quando ti prende la voglia ossessiva di mangiare dolci e ci sono le pasticcerie chiuse, come finire di pranzare e non prendere il caffè, come desiderare un bicchiere di ruhm al miele e una sigaretta quando proprio hai bisogno di staccare la testa. Insomma stai facendo una cosa che è totalmente consolatoria ma allo stesso tempo non ti accorgi di farla perché ciò che stai facendo ti trasporta in un altro luogo, che di solito corrisponde ad uno stato mentale alternativo a quello attuale. E quindi diventa molto più importante il fatto di desiderare, piuttosto che l’ottenimento della cosa in se.
















































Esiste una Filosofia nei manga che non è così banalizzante o massificata come si pensa.
Per chi volesse saperne di più basta cliccare sul link, sotto troverete indice e copertina del testo di Marcello Ghilardi.






lunedì 13 agosto 2012

Ho letto di recente un libro, che vorrei consigliare a tutti.


Un libro che libera il pensiero, che esce fuori dal concetto di "leggo e chiudo". Siamo più sulla serie "leggo e poi faccio i conti".

Il titolo è "Che fina ha fatto Mr. Y?" e l'autrice è Scarlett Thomas, (insegna scrittura creativa presso la University of Kent)  ora acclamata autrice di fantastici best seller, dei quali diffido sempre, ma in questo caso vale proprio la pena di ricredersi.


Questo libro non ti lascia, se lo cominci lo devi finire.
E poi non è scontato, ne la trama ne la struttura. Ed è scritto benissimo.
Non c'è molto da dire... C'è solo da spiare le parole nascoste su queste foto, c'è da abbandonarsi alla curiosità che queste susciteranno.



Poi vestirsi, afffrontare le strade deserte d'agosto, recarsi nella libreria più vicina e acquistarlo.
Ma attenzione: tra qualche giorno anche a voi verrà voglia di bere strane misture per poi sdraiarvi sul divano con un cartoncino bianco e un forellino nero al centro da fissare...

lunedì 6 agosto 2012

Lui, è il padre di Angelina Jolie. Un giovanissimo Jon Voight, bello come il sole. L’altro è Dustin Hoffman e non ha bisogno di presentazioni.
Siamo nell’anno 1969 (wow) e la città, neanche a dirlo, è New York.

Prendete questi ingredienti , lasciateli miscelare dalle mani esperte di Jerome Hellman e John Schlesinger, e aggiungendo una delle colonne sonore più famose del creato (Everybody's talkin' cantata da Willie Nielson) avrete ottenuto un cult movie da oscar (miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura): Midnight Rider, più famoso in Italia come Un uomo da marciapiede.
Jon Voight è un lavapiatti che vive nella provincia. Stufo di una vita ripetitiva e faticosa tenta la fortuna dirigendosi verso New York, con la prospettiva di diventare uno gigolò, ma i sogni di gloria durano poco: qui incontra l’indimenticabile Ratso Rizzo, detto il Sozzo, un giovane Dustin Hoffman assolutamente perfetto nella parte del sordido ladruncolo italo-americano, ed è insieme a lui che comincerà una vita di privazioni per la strada.
Il rapporto tra i due è ambiguo (non è un caso che il Sozzo cada rovinosamente giù dalle scale proprio  la prima volta che vede il suo amico al lavoro con una cliente) ma la cosa che ti colpisce di più in tutto il film, al di là dei fotogrammi psichedelici in perfetto stile Easy Rider, è la camminata storpia del Sozzo:  un’indimenticabile pagina della storia del cinema. Pochi riescono a trasformare una camminata in una poesia,  in un messaggio semiotico tanto ermetico ma efficace da racchiudere in se l’intera caratterizzazione di un personaggio. Dustin ci è riuscito.

Nonostante il film sia molto famoso non voglio commentare il finale, in difesa di coloro che non lo conoscono e che magari hanno voglia di scoprirlo. Posso solo dire che io mi sono commossa, e anche tanto. Questo film è lo specchio dei sogni infranti, delle high hopes pinkfloydiane che sono atterrate mentre erano in volo, dopo essersi brutalmente scontrate con la realtà della strada, del freddo e della fame.
Qualcosa però rimane sempre, in questo mondo crudo, ieri come oggi: l’amicizia.  Quella vera, quella che non ti spieghi razionalmente, che troppo spesso assomiglia all’amore, quella che si sacrifica e si impegna a far realizzare all’altro i sogni di tutta una vita, quando ormai non c’è più tempo.
O che, per lo meno, muore provandoci.