lunedì 6 agosto 2012

Lui, è il padre di Angelina Jolie. Un giovanissimo Jon Voight, bello come il sole. L’altro è Dustin Hoffman e non ha bisogno di presentazioni.
Siamo nell’anno 1969 (wow) e la città, neanche a dirlo, è New York.

Prendete questi ingredienti , lasciateli miscelare dalle mani esperte di Jerome Hellman e John Schlesinger, e aggiungendo una delle colonne sonore più famose del creato (Everybody's talkin' cantata da Willie Nielson) avrete ottenuto un cult movie da oscar (miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura): Midnight Rider, più famoso in Italia come Un uomo da marciapiede.
Jon Voight è un lavapiatti che vive nella provincia. Stufo di una vita ripetitiva e faticosa tenta la fortuna dirigendosi verso New York, con la prospettiva di diventare uno gigolò, ma i sogni di gloria durano poco: qui incontra l’indimenticabile Ratso Rizzo, detto il Sozzo, un giovane Dustin Hoffman assolutamente perfetto nella parte del sordido ladruncolo italo-americano, ed è insieme a lui che comincerà una vita di privazioni per la strada.
Il rapporto tra i due è ambiguo (non è un caso che il Sozzo cada rovinosamente giù dalle scale proprio  la prima volta che vede il suo amico al lavoro con una cliente) ma la cosa che ti colpisce di più in tutto il film, al di là dei fotogrammi psichedelici in perfetto stile Easy Rider, è la camminata storpia del Sozzo:  un’indimenticabile pagina della storia del cinema. Pochi riescono a trasformare una camminata in una poesia,  in un messaggio semiotico tanto ermetico ma efficace da racchiudere in se l’intera caratterizzazione di un personaggio. Dustin ci è riuscito.

Nonostante il film sia molto famoso non voglio commentare il finale, in difesa di coloro che non lo conoscono e che magari hanno voglia di scoprirlo. Posso solo dire che io mi sono commossa, e anche tanto. Questo film è lo specchio dei sogni infranti, delle high hopes pinkfloydiane che sono atterrate mentre erano in volo, dopo essersi brutalmente scontrate con la realtà della strada, del freddo e della fame.
Qualcosa però rimane sempre, in questo mondo crudo, ieri come oggi: l’amicizia.  Quella vera, quella che non ti spieghi razionalmente, che troppo spesso assomiglia all’amore, quella che si sacrifica e si impegna a far realizzare all’altro i sogni di tutta una vita, quando ormai non c’è più tempo.
O che, per lo meno, muore provandoci.

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