lunedì 6 maggio 2013



Tutte le prime domeniche del mese a Torino, c'è il mercatino dei libri usati in piazza Carlo Felice, proprio di fronte alla stazione di Porta Nuova.
Io ci vado sempre, da tantissimi anni, con mio padre. È il nostro piccolo rito.
Anche se ci vediamo poco, in mezzo al caos delle nostre vite distanti, troviamo sempre il tempo per fare questa cosa insieme, per andare alla ricerca di libri fuori catalogo e un po' impolverati, per scambiare due parole con i venditori, tutti accaniti lettori e feticisti della carta stampata, per prendere un caffè veloce al banco del Talmone e via, tra Nabokov e Silone, tra vecchi album di figurine, francobolli, cartoline e dischi in vinile. Sia che ci siano zero gradi (col vento freddo che sa di neve) sia che il sole primaverile ti scaldi leggermente (facendoti venire voglia di togliere la giacca, come stamattina) noi, puntualmente, andiamo li ogni mese.





Questo rito è cominciato molti anni fa, quando avevo più o meno 10 anni e mio padre mi portava tutte le settimane ad un altro mercatino, quello di corso Siccardi (ora coperto) alla ricerca dei libri di Carolina Invernizio che all'epoca era la mia scrittrice preferita e sulla quale, 20 anni dopo, avrei scritto la mia tesi di laurea analizzando la figura del persecutore, il personaggio cattivo presente in ognuno dei 120 romanzi da lei scritti.

Grazie a lei, frequentatrice di salotti e, secondo alcuni, sostenitrice degli anarchici (attenzione stiamo parlando di una donna, nell'Ottocento, appartenente all'alta borghesia in quanto moglie di un capitano dell'esercito, respect Carolina, sei troppo rock) io e mio padre abbiamo cominciato questa ricerca che va avanti ancora oggi. Ormai tutto ciò che si trova di lei sono dei vecchi libri editi dalla Lucchi con la copertina di cartone colorato, come questo.


Quelli editi da Salani, le prime edizioni, sono praticamente introvabili. Io ne ho trovato uno solo e un'altro mi è stato regalato da un amico. Per ora sono riuscita a trovarne una cinquantina in totale. Ne mancano solo settanta...
Quando era ancora viva la vecchietta di via Po andavo a comprarli nuovi da lei, in un posto che definire magico sarebbe davvero poco, un negozio piccolo e buio che sembrava uscito dalla mente di Michael Ende.
Questo è tutto ciò che ė rimasto di lei, e delle storie che raccontava, lei che Carolina l'aveva vista ancora viva: l'insegna di un negozio. Dove ora puoi acquistare solo gadget di squadre calcistiche e peluches prodotti in Cina.


Tonight, we are young, cantano alcuni. È vero, lo siamo, ma è anche vero che  dura solo una notte. Il tempo passa, in silenzio, subdolamente, trasformando la realtà da un giorno all'altro, portando via con sè vite e storie e quella notte prima o poi finisce.

Alcuni non saprebbero che farsene dell'eternità. Io mi accontenterei di essere immortale fosse solo per questa ragione, per avere la possibilità, una volta al mese, di andare con mio padre a cercare libri e a prenderci un caffè.   

Mi accontenterei di avere quest'unica certezza, per sempre.

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