mercoledì 13 febbraio 2013

 

Jules e Jim sono due amici maschi. Uno è austriaco, l’altro francese. Si amano. Non in senso fisico, ma si amano. Vivono a Parigi nel quartiere di Montparnasse e passano tutto il loro tempo insieme, si allenano in palestra insieme, cenano quasi sempre insieme e la notte fanno baldoria, con le cocottes degli anni ‘30. Sono due scrittori e si confrontano, scambiandosi le loro impressioni su ciò che scrivono e su ciò che vorrebbero scrivere. E come tutti gli scrittori, sono innamorati dell’amore e dell’idealizzazione di esso. Non è semplice per uno scrittore innamorarsi, perché passi la tua vita tra idealizzazioni e livelli altissimi, tornare sulla terra significa sempre un po’ abbassare il tiro, adeguarsi. Anche loro la pensano così e spesso, con le loro partner femminili, si annoiano. Finché non incontrano Catherine, che fuma come un uomo e legge Shakespeare.

 
Catherine ha un sorriso enigmatico, che loro riconoscono subito appena lo vedono: era il sorriso di quella statua incontrata in Italia, in un sito archeologico, che tanto li aveva stregati e rapiti in una vacanza fatta insieme qualche anno prima. Catherine è bella, ha gli occhi grandi e tristi, persino il suo sorriso ha un velo di mestizia, ma la sua vitalità dirompente li trascina in un tourbillon di emozioni, lei regala loro cosi, come fosse niente, pezzi della sua carne e della sua mente, si svuota per arricchirli, è una dispensatrice di doni. Nella loro prima uscita lei si veste da uomo, ed è più bella che mai. I due amici sono avvinti da quella donna, sono due pupazzi tra le mani del destino, sono alla mercè di una femmina folle ma inevitabilmente adorabile. Loro tre, insieme, vanno a passeggiare nei boschi e a cercare ‘i sogni degli altri’. Lei ride raccogliendo scatole di fiammiferi vuoti, vecchie pagine di giornali, pezzi di stoffa appartenuti ai vestiti di qualcuno, ma Jules sa che, anche se ride di gusto, quella donna non potrà mai essere felice nella sua vita, ma la vuole sposare lo stesso o forse vuole sposarla proprio per quello.
 
 
Lei li porta al mare ma poi si sveglia al mattino insieme a loro e spalancando la finestra urla “Piove. Che voglia di Parigi, torniamo a Parigi” e i due la seguono, continuando ad amarsi tra loro, continuando ad amare lei. Lei si getta nella Senna solo perché sente Jules dire che la donna non è un essere in grado di comprendere appieno l’arte. Jim ha capito che nella vita si ama completamente solo per un momento, ma quel momento per Catherine ritorna sempre.
 
 
La vita va avanti e la follia di lei si insinua nella quotidianità, la guerra si insinua nelle loro vite e come nel più perfetto dei copioni, la felicità adolescenziale di una primavera lascia il posto alla cruda realtà dell’inverno che porta con se il germe della morte.
Loro si separeranno, ma poi si incontreranno ancora e passeranno tutta la vita insieme e torneranno a passeggiare lungo i corsi d’acqua e il cielo per loro tornerà ad essere tanto basso da toccarli. Non si separeranno mai, ne in questa ne nell’altra vita.

 
Questa è una storia semplice, amara ma piena di tutto il buono che ci può essere. Se nella vostra esistenza non avete avuto modo di vivere niente di simile, guardate lo stesso Jules et Jim, anzi, guardatelo ancora di più: perché se Truffaut è considerato un genio ci sarà senza dubbio un motivo. Io il mio motivo l’ho trovato: ero li con loro, ero Catherine, ero Jules ero Jim, e ho pianto con loro e sperato di essere amata e poi li ho lasciati entrambi e poi ho sposato Catherine e ne sono diventato l’amante, entrando in perfetta osmosi con la testa di ognuno dei tre. Con la Nouvelle Vague degli anni ’60 il cinema francese, influenzando poi quello mondiale, ha fatto un primo grande passo verso una modalità filmistica meno Hollywoodiana, detto in soldoni, un po’ meno ‘vi faccio sognare' un po’ più ‘vi faccio riflettere’. Il regista si trasforma in vero e proprio scrittore e inserisce nella sceneggiatura la propria poetica, offrendo non più un prodotto ma un’opera, sempre più intimistica, dando agli spettatori la propria visione del mondo. Truffaut è un genio perché insiste sulle impressioni, magari inserendo scene all’interno del film che apparentemente sembrano alogiche o comunque non funzionali allo svolgimento dell’intreccio, ma lui non vuole solo raccontare una storia, lui vuole raccontare come si sente all’interno di una storia, vuole far vedere agli altri come il proprio io si manifesta in rapporto a diverse situazioni. Ci riesce, e il messaggio più grande che filtra attraverso questo film è l’importanza della libertà interiore e al tempo stesso la piena presa di coscienza della natura distruttiva delle passioni. I problemi di coscienza sono quelli che più lo attraggono, e io lo amo per questo perché di problemi di coscienza ne ho un’intera collezione. Lasciatevi portare via da questo film intenso e sottile. Non ve ne pentirete mai e vivrete altre tre vite oltre alla vostra.

P.s. Per chi ama la lettura il titolo del libro da cui è tratta la storia è Jules et Jim, di Henri-Pierre Roché, 1953

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